Considerato come il quinto sapore (dopo dolce, salato, amaro e acido), è quella sensazione di saporitosapido che un alimento ci provoca in bocca. Facilmente confondibile con il salato, è differente e chimicamente è collegato al glutammato di sodio (ma non solo).

Che cos’è l’umami?

Umami Infographic
dati presi da umamiinfo.jp

La parola umami è da poco iniziata a girare anche in occidente, nonostante in Giappone sia alla base della cucina da sempre.
Il significato si descrive difficilmente in italiano, in ogni caso la sua traduzione letterale potrebbe equivalere a qualcosa come “quantità di sapore“, “gustosità“.

Chimicamente dipende dalla presenza negli alimenti di alcune sostanze specifiche.
Principalmente sono acido glutammico, di cui l’alga konbu ne possiede in grandi quantità, acido inosinico, molto presente ad esempio in katsuobushi e niboshi, acido guanilico, nei funghi shiitake, e acido succinico, solitamente nei frutti di mare a conchiglia.

La cucina giapponese si basa fortemente sullo sfruttamento di questi elementi per insaporire le varie pietanze.
Durante la preparazione del dashi, l’unione dell’alga konbu al katsuobushi è una combinazione perfetta che aumenta ulteriormente l’effetto dell’umami.

Quando si assaggia un alimento e si ha la sensazione del “non sa di niente“, quel niente è dato proprio da una scarsa presenza di umami. 

Valorizzare al massimo l’umami degli alimenti permette un uso limitato di sale; questa è una caratteristica che può avere grandi effetti sulla salute di specifiche persone.