Qui a Tokyo tirano giù gli edifici, e ne rifanno di nuovi, con una velocità spaventosa.
Negli ultimi anni poi, in vista delle olimpiadi, la città è tutta un “lavori in corso”.
Proprio accanto alla nostra stazione era rimasto ancora in piedi un palazzino di due piani. Annerito. Decrepito. Il “vecchio” circondato dal “nuovo”. Lo stile delle insegne ricordava Blade Runner: in una si leggeva ancora “VHS Rental”. Al secondo piano le scale portavano ad un “Thailand Night Club” mentre sulla strada si affacciava un ristorante di ramen, tutto fuorchè invitante.
Una mattina passiamo davanti e vediamo le impalcature. Da quel giorno nel giro di qualche mese avevano abbattuto tutto e fatto spazio ad un mini parcheggio ed ad un agenzia immobiliare.
Passa qualche settimana. Ci aggiriamo nella zona ed ad un centinaio di metri dal vecchio palazzino ormai scomparso notiamo un nuovo ristorante di Ramen. Leggiamo il nome e scopriamo che è lo stesso che hanno buttato giù, qui però con un locale nuovissimo, moderno e affollato. Ci fiondiamo dentro ma non c’è posto, ci tocca aspettare. Dieci minuti e ci sediamo.
Lo stile è Kitakata Ramen, tradizionale della prefettura di Fukushima. Ne ordiniamo uno base ed uno al miso e ci vengono serviti in un baleno. Molto semplici come sapori, i noodles nonostante siano spessi mantengono una discreta leggerezza e i toppings sono tenuti al minimo essenziale. Quello che ci stupisce è il chashu, le fette di maiale arrosto: di grande qualità e sicuramente il punto forte del locale (che poi scopriamo essere una catena, trallaltro abbastanza diffusa).
Alla cassa veniamo sorpresi dal prezzo: super-economico, veramente una miseria. Il ramen costato di meno almeno dell’ultimo anno. Paghiamo con un gran sorrisone e già con l’intenzione di ritornare.


