Tra i vari prodotti giapponesi che affascinano noi occidentali non si può non citare il whisky. E’ così tanto apprezzato che stimola la curiosità anche dei non bevitori abituali, una curiosità che viene bloccata nel momento in cui ci si ritrova circondati da innumerevoli bottiglie incomprensibili.
Comprendere gli whisky giapponesi infatti non è cosa facile. Già solo a partire dai nomi si fa confusione.
Il prezzo inoltre, non basso ed aumentato ulteriormente dalle ovvie spese d’importazione, non permette di andarci alla leggera con la scelta.
Le descrizioni troppo complesse, poi, confondono i novizi ed annoiano gli amatori, non giovando di certo.
In questo articolo cercherò di introdurvelo “velocemente”.
Whisky giapponese, quando e perchè?
I giapponesi hanno iniziato a produrre whisky artigianalmente durante la fine dell’ottocento, con l’apertura dei confini all’estero (all’occidente si sono ispirati non solo per il whisky, ma per innumerevoli altri prodotti ed usanze).
Chi diede la svolta fu però Shinjiro Torii, il fondatore della Kotobukiya, l’attuale gigantesca azienda Suntory.
Nato nel 1879, a vent’anni comincia a vendere vino e liquori in stile occidentale aprendo il Torii Shoten, per poi creare un vino liquoroso chiamato Akadama Port Wine nel 1907.

Fondazione della prima distilleria, la Yamazaki
Ma la vera svolta la avrà nel 1923 (due anni dopo la fondazione della Kotobukiya), quando decide di inseguire il suo sogno, produrre whisky. Inaugura la prima distilleria Yamazaki (considerata il top ancora oggi) vicino a Kyoto, nella zona omonima di Yamazaki, famosa per la grandissima qualità dell’acqua e dove il celebre maestro di tè Sen-no-rikyu costruì la sua più importante sala da tè (considerata oggi Tesoro Nazionale).
E’ importante ricordare, quando si parla di whisky, di quanto l’acqua sia di vitale importanza nel processo. In Giappone l’acqua è di altissima qualità, e di questo oltre al té, elemento fondamentale della cultura nipponica, e alla cottura del riso, altro pilastro culinario, ne giovano bevande alcoliche realizzate eccezionalmente come il nihonshu (sakè) e la birra.
Con l’apertura della Yamazaki, Shinjiro Torii assume Masataka Taketsuru come responsabile della distillazione. Taketsuru aveva studiato in Scozia l’arte del whisky, e questo suo background influenzerà per sempre la tradizione di questo alcolico in Giappone.

Il primo vero whisky commercializzato dalla distilleria è il Shirofuda nel 1929.
Fino a quel momento anche altre aziende avevano messo in commercio dei whisky nel paese, tra cui un Queen George, descritto dagli americani come uno scotch giapponese, che però non raggiunsero mai il successo.
Il whisky Shirofuda della Yamazaki invece, ispirato anch’esso al whisky scozzese, lo scotch, inizia invece piano piano a diffondersi con più risultati.
Lo stile del whisky giapponese rimarrà per sempre collegato al whisky scozzese, ma attenzione però: non a quello torbato (affumicato con la torba, un deposito di resti vegetali che rende unici alcuni whisky scozzesi).
Quindi basta ricordare che è, generalmente, come quelli scozzese non torbati.

Negli anni trenta accadono due eventi importanti per la storia del whisky.
Nel 1934 Masataka Taketsuru lascia la Kotobukiya/Suntory e fonda la Nikka (ai tempi Dainipponkaju), aprendo la sua distilleria a Yoichi, in Hokkaido, completamente dall’altra parte del Giappone. La sua azienda diventerà importantissima nel mondo di questo distillato (oggi Suntory e Nikka sono le due colonne portanti).
Il 1937 invece vede la nascita di quello che resterà la bottiglia ed il whisky simbolo della Kotobukiya, ossia il Suntory Kakubin (bottiglia quadrata). Questo whisky è consumato ancora oggi, e rappresenta lo standard semplice ed economico dell’azienda.
I decenni successivi vedono una continua raffinazione dello stile, anche motivata dalla continua battaglia tra Suntory e Nikka. Parallelamente c’è anche un grande aumento del consumo tra i giapponesi, che solitamente avviene diluendolo con acqua (circa 1 quantità di whisky per 2.5 di acqua).
Il grande picco e calo degli anni 80′ e la svolta nel nuovo millennio

L’inizio del vero boom si ha nel 1971, in cui si diffonde l’usanza del bottle-keep, ossia comprare una bottiglia di whisky nel proprio bar/locale di fiducia e lasciarla con il proprio nome. Questo permetteva all’avventore di risparmiare acquistando una quantità più grande di alcolico subito, ed al gestore di fidelizzare la clientela che sarebbe dovuta comunque tornare. Questo sistema rimane ancora oggi.
Il picco più alto lo si tocca all’inizio degli anni 80′. Basti guardare il grafico qui sopra.
Nel 1983 però scoppia un altro boom, quello di un altro alcolico distillato, e questa volta tutto giapponese: lo shochu. Con una gradazione minore (del 25% di alcol) si addice moltissimo, forse di più, alla diluizione con acqua. Nello stesso periodo poi vengono alzate anche le tasse al whisky, che diventa chiaramente più costoso.
Dopo un primo calo, nel 1989 viene riformato ulteriormente il sistema di classificazione (e di tassazione) delle bevande alcoliche, che aumentano per il whisky di qualità medio bassa (che era ed è il più consumato).
Poi c’è l’arrivo del vino, che entra prepotentemente nelle abitudini giapponesi, ed altre tradizioni e bevande occidentali.
Inizia quindi un brutto calo.
Fino alla fine degli anni 90′ inoltre il whisky giapponese era passato sempre quasi inosservato dal resto del mondo.
L’ingresso del whisky giapponese nell’immaginario mondiale
Ma con il nuovo millennio arriva la svolta. Nel 2001 il Nikka Single Malt Yoichi 10 anni vince la competizione internazionale del Whisky Magazine, con al secondo posto l’Hibiki blended 21 anni della Suntory. Da quel momento tutto il mondo inizia ad interessarsene, e anno dopo anno si diffondono (e si stanno diffondendo) le bottiglie di più alta qualità della Suntory e della Nikka.
Bisogna anche menzionare il boom del 2009 nel consumo di whisky a livello popolare domestico, con la ripresa dell’highball, il whisky e soda giapponese.
Proprio riguardo a questo volevo analizzare un aspetto sul consumo di whisky in Giappone.
I giapponesi consumano tanto whisky, ma non quello di alta qualità

Questo è un punto molto importante che fa capire quanto il whisky di livello del Sol Levante sia apprezzato tantissimo, ma quasi più all’estero che nello stesso Giappone.
I giapponesi infatti, specialmente di mezza età, che amano molto consumare bevande alcoliche per cultura, bevono spesso (non quanto la birra, comunque) un cocktail denominato highball. Questo non è niente di più che un whisky e soda. Viene chiamato così dall’inglese: highball è il nome del bicchiere, alto, che si usa per realizzare cocktail semplici solitamente a base di una componente alcolica ed una non alcolica, con ghiaccio. Secondo l’online etymology dictionary, highball in verità nasce proprio un secolo fa per definire un drink a base di whisky in bicchiere alto.
Ma allora che c’entra questo con la qualità?
Se escludiamo gli highball, di giapponesi che consumano whisky on the rock o liscio ce ne sono veramente pochissimi. E’ molto raro e loro stessi, in media, ammettono che non ce la fanno a reggere una percentuale cosi alta di alcol in un drink non diluito. Di conseguenza il whisky quasi totalmente consumato è quello mischiato con la soda, per gli highball, che è di qualità medio bassa. Non è il whisky per cui il Giappone è famoso oggi, ma quello di qualità semplice.
Le distillerie giapponesi più importanti
Le distillerie storiche
I due punti cardine principali per il whisky giapponese sono la Suntory e la Nikka (che oggi è del gruppo Asahi).
Se si ha appena iniziato a districarsi in questo mondo consiglierei di partire da qui, per farsene un’idea chiara ed ordinata.
La Suntory ha tre distillerie: la Yamazaki, vicino Kyoto, la Hakushu, a Yamanashi, e la Chita, a Nagoya.
La Nikka invece gestisce quella di Yoichi, in Hokkaido, e quella di Miyagiko, a Sendai/Miyagi.
Oltre a queste bisogna citare l’azienda Kirin e la sua distilleria Fuji Gotemba, a Shizuoka alle pendici del Mt. Fuji, e l’Eigashima Shuzo e la sua distilleria White Oak a Hyogo.
La nuove distillerie
Nel 2008 ha fatto il suo ingresso, aggiungendosi a quelle storiche, la Chichibu, a Saitama. Pensate che era da 35 anni che non veniva ufficialmente nominata una nuova distilleria di whisky giapponese.
Negli ultimi dieci anni invece, diciamo a partire dal 2015, hanno aperto (e ne apriranno altre in futuro) improvvisamente decine e decine di nuove distillerie, così numerose che mi asterrò dal nominarle.
I whisky più importanti

Ora si arriva alla parte clou. Specifico che i whisky che riporterò qui fanno riferimento alle bottiglie attualmente in produzione al momento di stesura dell’articolo. Esistono anche versioni abbandonate, che è sicuramente interessante provare, ma per gli inizi è probabilmente più conveniente optare ai classici che restano.
Non voglio rimbambirvi con termini poetici sui sapori e le sensazioni, quindi mi limiterò semplicemente a citare le descrizioni delle aziende stesse, traducendo dal giapponese.
Quale comprare? I consigliati
Per quanto riguarda i consigliati, tengo presente il rapporto qualità prezzo, l’unicità, l’importanza e anche la reperibilità.
Eviterò di aggiungere distillerie più recenti e meno conosciute. Non perché le considero minori di qualità, ma semplicemente perché credo che per i primi passi nel mondo del whisky, come per ogni altra cosa, bisogni partire prima dagli standard, così per poter avere una base su cui giudicare e farsi una cultura più solida.
- Yamazaki 12 anni, la scelta perfetta ma impegnativa
- Hakushu 12 anni, l’altra faccia del single malt Suntory
- Chita, l’alternativa economica e morbida
- Hibiki Japanese Harmony, un blend divino
- Toki, il Suntory solo per stranieri pensato per i cocktail
- Yoichi, lo storico rivale dello Yamazaki, ma più conveniente
- Miyagikyo, single malt della seconda Nikka, ma non per qualità
- L’Akashi, il single malt armonico
Le varie versioni della Suntory
Yamazaki, l’origine di tutto (Suntory)
La distilleria Yamazaki è stata la prima a dare inizio al whisky in Giappone. E’ considerata veramente il top, ed oggi serve di standard 4 tipi di bottiglie. Per importanza ed ordine sono costretto a partire da qui, ma il prezzo sicuramente spaventa.
Yamazaki Distiller’s Reserve

Questo è quello base, meno invecchiato (non è specificato ma più o meno sugli 8 anni) e più economico (rispetto agli altri Yamazaki, perché è un whisky comunque molto costoso).
Suntory Yamazaki Distiller's Reserve Single Malt Whisky Japonais, 70 cl
Prezzo: 134,72 € (192,46 € / l)
La distilleria lo presenta così: profumo di fragola e ciliegia, gusto morbido, che ricorda il miele, con un finale vanigliato e di cannella.
Personalmente, nonostante si parta già molto bene, il prezzo con cui viene venduto all’estero spesso è eccessivamente pompato.
So che aggiungere altri euro ad una spesa così cospicua sembra eccessivo, ma io consiglierei di optare per la bottiglia successiva, il 12 anni, se ci si riesce.
Yamazaki 12 anni – CONSIGLIATO –

Sul podio dei classici c’è il 12 anni.
In Giappone ha un prezzo di quasi il doppio rispetto al precedente, mentre all’estero si può riuscire a comprare con un’aggiunta minore in percentuale.
La distilleria lo presenta in questo modo: profumo di kaki maturo, pesca, vaniglia, con una profonda dolcezza e un sapore denso. Il retrogusto molto prolungato ricorda la vaniglia dolce e l’invecchiamento in botte.
Personalmente, nonostante la botta al portafoglio, consiglio questo sempre sul precedente.
Yamazaki 18 anni e Yamazaki 25 anni
Queste due bottiglie toccano il lusso e ve le cito velocemente.
Il 18 anni si porta dietro un lungo palmares di premi, che costano al cliente circa 135000 yen (circa 877.5 euro) a bottiglia.
Il 25 anni è il top di gamma al prezzo sbalorditivo di ben 1200000 yen (circa 7800 euro).
Hakushu, il whisky delle montagne (Suntory)
Dopo mezzo secolo dalla fondazione della Yamazaki, ecco che a Yamanashi, la prefettura agricola e naturale che confina a est con Tokyo, nasce la distilleria Hakushu. In una zona montuosa, nel mezzo delle alpi giapponesi, e più precisamente sul monte Kaikoma ( kaikomagatake).
Potete effettuare un tour virtuale qui della distilleria.
L’hakushu è l’alternativa allo Yamazaki/Suntory, rimanendo sempre nell’ambito di alta qualità e single malt, ma toccando fragranze diverse, più fresche e verdi.
Hakushu Distillers Reserve

Come per lo Yamazaki, anche l’Hakushu ha la sua versione base.
Suntory The Hakushu DISTILLER'S RESERVE Single Malt Japanese Whisky 43% Vol. 0,7l in Giftbox
Prezzo: 113,58 € (162,26 € / l)
Viene presentato come un whisky con note di menta e sudachi (un agrume verde giapponese), fresco, con sentori di acidità, lievemente dolce e lievemente affumicato.
Anche qua con il prezzo non stiamo bassi, ma un po’ più basso (sembra) del Distillers Reserve Yamazaki. Se lo trovate a prezzi molto più bassi del 12 anni, il successivo, andate per questo.
Hakushu 12 anni – CONSIGLIATO –

Il 12 anni è un fresco e leggero single malt con accenni affumicati, caratterizzato da note di erbe. La distilleria lo descrive in questo modo: al naso mela verde, ago di pino, basilico, gelsomino, al sorso pera, kiwi e menta, con un finale di tè verde e piccola affumicatura.
Hibiki Distillery Hakushu Japanese Single Malt 12 Anni Old - 700 ml
Prezzo: 240,00 € (342,86 € / l)
Un whisky erbaceo, verde, e fresco. Anche questo vincitore di vari premi internazionali, è sicuramente da provare per metterlo in confronto con lo stile dello Yamazaki 12 anni.
Hakushu 18 anni e Hakushu 25 anni
Il top della Hakushu si esprime ovviamente nelle versione più invecchiate, di 18 e 25 mantenendo il suo stile fresco ed erbaceo. Whisky divini senza alcun dubbio.
Chita, l’alternativa (Suntory) – CONSIGLIATO –

49 anni dopo la fondazione della Yamazaki ed un anno prima dell’Hakushu, ecco che a Nagoya nasce la Chita.
Questa è l’alternativa per comuni mortali, a prezzi più accessibili ma mantenendo una qualità che fa da ponte tra l’elite ed il popolo.
Non è però solo più economico: anche il metodo di produzione è diverso dal classico whisky single malt, in cui viene usato il malto d’orzo. Il Chita infatti viene preparato dai cereali, non maltati, con cui vengono prodotti tre tipi di distillati poi uniti.
La denominazione finale è quindi Single Grain Whisky.
I grain whisky son diffusi in tutto il mondo considerati solitamente di qualità più bassa e meno complessi. Ma la scelta della Suntory aveva proprio come obiettivo quello di creare un grain whisky di livello più alto possibile.
Il Chita ha un colore giallo intenso, con una dolcezza e una texture liscia unica. E’ un whisky facilmente apprezzabile, molto adatto anche al consumo mixato con soda in un highball.
Il suo prezzo molto più accessibile ne rende facile il consumo anche all’estero.
Personalmente ve lo consiglio, l’importante è che siate consapevoli che quello che state assaporando non è proprio quello che si intende come whisky giapponese classico.
Hibiki, il top blended Suntory
L’hibiki è l’imperatore del whisky blended Suntory. Viene realizzato utilizzando i migliori whisky delle proprie distillerie.
Ad oggi l’azienda produce le seguenti 3 bottiglie (più un blenders select japan only). In passato ci son state anche altre versioni, ora in stop, come l’hibiki 17 od il masters select.
Hibiki Japanese Harmony – CONSIGLIATO –

Per i comuni mortali che vogliono provare l’ebbrezza di un sorso d’hibiki, non si può che consigliare il Japanese Harmony.
Hibiki Suntory Whisky Japanese Harmony - alc 43% vol 70 cl
Prezzo: 106,40 € (152,00 € / l)
I mastri degustatori ne parlano così: al naso profumi di rosa, lychee, leggero rosmarino, legno di sandalo e botte. In bocca sopra di tutto sentori dolci di miele e arancio candito ricoperto da cioccolata. Il finale delicato e lieve.
Hibiki 21 anni e Hibiki 30 anni

L’hibiki 21 è il pilastro di tutta la serie. E’ stato, è e sarà pluripremiato e considerato come uno dei migliori whisky del mondo. La Suntory lo descrive così: profumi di uvetta, marmellata di fragole e vaniglia, con al palato sentori di biscotti, toffee, spezie e sensazioni agrodolci. Il retrogusto è di frutta matura, molto lungo.
Trovarlo in Italia è difficile, dal momento che in Giappone tocca il prezzo di 75000 yen (circa 487.5 euro).
Ah, e c’è anche il 30 anni, irraggiungibile.
Toki, il whisky per stranieri pensato per i cocktail – CONSIGLIATO ma solo se –
Il toki è un blended, molto economico. Si trova all’estero e non in Giappone. Già solo questo vi dovrebbe far capire molte cose.
Se cercate un whisky per cocktail come il whisky sour e l’old fashioned e non volete sprecarci bottiglie importanti, allora optare per il Toki può essere una scelta saggia.
Non vi aspettate nulla di eccezionale, tranne un piccolo tocco di Giappone sul palato.
I single malt della Nikka e la novità
La distilleria rivale della Suntory ha due whisky di punta: il Yoichi, di Hokkaido, e il Miyagikyo, vicino Sendai. Fino a qualche anno fa distribuivano le versione di 10, 12 e 15 anni. Oggi è bottiglia singola, senza specifiche di anni, per entrambi.
Quello che sicuramente li agevola rispetto allo Yamazaki ed all’Hakushu è il prezzo, molto più basso, sugli 80 euro.
Yoichi – CONSIGLIATO –

Questo single malt della Nikka appartiene al mondo degli affumicati e degli speziati, il che lo rende unico rispetto alla maggior parte dei whisky giapponesi. In passato era disponibile in varie bottiglie di anni diversi. Oggi è stato tutto racchiuso in un unica versione, da provare assolutamente. E’ il whisky che ha lanciato il Giappone nel mondo.
Miyagikyo – CONSIGLIATO –

Anche il Miyagikyo è eccezionale. Tocca sentori di frutta, di dolcezza e sorsi molto freschi. Si discosta con morbidezza dal gusto più “affilato” dello Yoichi. Bottiglia singola anche per questo.
Taketsuru: il nuovo Pure Malt (blended) della Nikka
Questo whisky è un blend di soli malt (pure malt) introdotto nel commercio nel 2020. Il nome è un omaggio al fondatore della Nikka.
Il whisky del Monte Fuji della Kirin
Alle pendici del Monte Fuji, la Kirin gestisce la Fuji Gotemba, una distilleria storica fondata nel 1972 ma differente in stile dalle precedenti. Qui non ci si dedica al Single Malt, ma al Grain Whisky ed al blended in generale. Nonostante specialmente negli ultimi abbia raggiunto dei buoni risultati per i suoi prodotti, passa un po’ inosservata perché i suoi whisky si allontanano dall’immaginario collettivo di quello che dovrebbe essere il whisky giapponese.
Fuji Sanroku 50°
Il Fuji Sanroku 50 è la bottiglia più diffusa, anche se attualmente fuori produzione e sostituita dal Fuji Sanroku Signature Blend. Fuji Sanroku è anche il nome di una parte della distilleria (ammetto che il branding è un po’ confusionario).
Kirin Fuji Sanroku Blended (Grain Single Malt) - Astucciato - 700 ml
Prezzo: 71,45 € (102,07 € / l)
White Oak, la distilleria di Hyogo e l’Akashi
Ultima tra le distillerie storiche ma non per importanza troviamo la White Oak, dell’azienda Eigashima Shuzo (che produce anche il sakè Kamitaka).
Il suo whisky è molto apprezzato perché ha un eccellente rapporto qualità prezzo. E’ l’Akashi, di cui ci sono due versioni.
Akashi Single Malt – CONSIGLIATO –

Un single malt che unisce affumicatura a sentori dolcezza.
Akashi Single Malt di Quercia Bianca Giapponese, Whisky - 500 ml
Prezzo: 79,90 € (159,80 € / l)
E’ adatto sia ai cocktail che alla degustazione on the rock. Come single malt è un buon approccio iniziale visto il prezzo non eccessivo, che si accosta allo Yoichi ed al Miyagikyo della Nikka.
Akashi Blended
Se vi è piaciuto l’Akashi Single Malt e volete provare la versione blended della distilleria, questo whisky molto economico è quello che fa per voi.
Altri whisky
Oltre ai prodotti delle aziende precedenti, attualmente stanno nascendo sempre più distillerie, alcune nuove, alcune tornate operative dopo uno stop, altre invece create da cantine già avviate di saké o shochu.
In questo articolo le tralascerò.