Visitando il Giappone è impossibile non rimanere affascinati dalla magica atmosfera del santuario shintoista. Ecco un’introduzione veloce agli elementi principali che possiamo trovare al suo interno.


Indice

    Torii, il portale d’ingresso

    torii portale santuario giapponese

    Il torii è il portale d’ingresso al santuario. Delimita il confine tra il “nostro” mondo e la zona sacra, spirituale, delle divinità.
    E’ l’elemento che salta di più all’occhio del santuario shintoista, ed infatti la sua presenza è il più facile modo per differenziarlo da un tempio buddhista.

    Nonostante ne esistano numerose varietà, anche a seconda della zona, essenzialmente sono tutti formati da due colonne con in cima una o due travi orizzontali, il tutto molto stilizzato.

    Quando si arriva in questi luoghi, e anche quando si va via, prima del passaggio sotto al primo torii bisogna fare un inchino, sempre rivolti verso il centro del santuario.

    caverna minamiboso benzaiten
    Due piccoli torii all’ingresso di una caverna, per Benzaiten, a Minamiboso, Chiba

    Questi portali sono presenti anche in realtà più piccole, ad esempio di fronte a singoli altari, oppure nei pressi di elementi naturali e non, che, per una ragione o per un’altra, sono considerati sacri.

    Komainu, i guardiani

    Con un aspetto che potrebbe ricordare un leone/cane, i komainu sono i protettori del santuario. Vengono posizionati in coppia uno di fronte all’altro all’ingresso del santuario e/o nei pressi dell’honden, la struttura principale che ospita la divinità.

    L’utilizzo di creature simboliche dalle fattezze di un leone è una tradizione presente generalmente in tutta l’Asia Orientale a partire dalla Cina, nella quale ha avuto origine durante la dinastia Tang.
    Uno dei simboli di Okinawa, lo shisa, condivide le sue origini con il komainu, ma visivamente si avvicina di più a quello di stampo cinese.

    Le coppie di komainu che troviamo nei santuari sono di norma pressoché identiche; l’unica differenza tra i due è che uno ha la bocca aperta mentre l’altro chiusa. La ragione va a collegarsi all’antico alfabeto sanscrito: il komainu con la bocca aperta ne recita la prima lettera, la a, mentre quello con la bocca chiusa ne recita l’ultima, la um. Insieme, formando il suono aum (importante nel buddismo e nell’induismo) simbolizzano la fine e l’inizio di tutte le cose.

    Sandō, il viale d’ingresso

    omotesando naruko tenjin

    Il viale che accompagna i visitatori dal passaggio sotto al primo torii fino alla struttura principale del santuario è denominato sando.
    Può essere molto semplice o molto curato, immerso nella natura oppure circondato da vari elementi strutturali. Durante i festival legati al santuario è la zona dove si raccolgono i vari chioschetti, gli yatai, che vendono le varie leccornie (street food) giapponesi.
    Tra tutti i sando il più importante è quello che parte dalla facciata principale, ossia l’omotesando.

    Quando si percorre questo viale sarebbe consono ricordarsi di restare ai lati, e non passando per il centro. Questa zona è infatti riservata alle divinità.

    Tōrō, le lanterne

    Le lanterne presenti nei santuari si chiamano tōrō. Possono essere sia messe in fila sia erette singolarmente. Solitamente di pietra, sono fatte anche di bronzo o altri materiali.

    Le troviamo spesso ai lati del sandō: quelle che si alzano da terra su di un piedistallo, le più diffuse, sono chiamate dai-dōrō, mentre quelle appese sono le tsuri-dōrō.
    Non si limitano ai soli santuari, ma sono un elemento decorativo anche dei giardini tradizionali, ad esempio.

    Temizuya, la zona di purificazione

    Un’altro elemento immancabile nei santuari giapponesi è la zona dedicata alla purificazione, chiamata temizuya.
    I giapponesi eseguono infatti un rito, prima di entrare nella zona più importante del santuario, utilizzando l’acqua.

    Non è prettamente legato al santuario shintoista; viene in certi casi praticato anche in templi buddisti, giardini o altre occasioni.

    Come fare il rito di purificazione con l’acqua

    1. Con la mano destra si impugna l’hishaku (il “mestolo”), e si raccoglie dell’acqua (⚠︎1 non direttamente dallo sgorgo/zampillo).
    2. Si versa un po’ d’acqua sulla mano sinistra per lavarla (⚠︎2 non tutta l’acqua! deve bastare per tutto il rito – ⚠︎3 bisogna stare attenti a far scivolare l’acqua fuori nella parte sottostante, e non di nuovo dentro insieme a quella pura che si ha raccolto all’inizio).
    3. Ora si passa l’hishaku dalla mano destra alla mano sinistra e si ripete il procedimento lavando la mano destra.
    4. Successivamente bisogna lavarsi la bocca. Per farlo si passa di nuovo il “mestolo” alla mano destra, si versa un po’ di acqua nella mano sinistra chiusa a conca e la si porta alla bocca per sciacquarla. Non bisogna berla, ma buttarla fuori.
    5. Adesso si deve rilavare la mano sinistra come abbiamo fatto nel secondo step.
    6. Sempre impugnando con la mano destra l’hishaku, alzatene la parte dove si raccoglie l’acqua verso l’alto e fate scivolare l’acqua restante sul manico per lavarlo.
    7. Infine riponete l’hishaku al suo posto accanto agli altri, con la parte del mestolo rivolta verso il basso.

    Ema, la tavolette dei desideri

    Ema santuario giapponese

    Appesi nei pressi della zona principale del santuario troviamo gli ema.

    Sono delle tavolette di legno su cui i visitatori, dopo averle acquistate, scrivono i loro desideri per poi appenderle. Curiosando tra le varie scritte si nota come le “richieste” alla divinità possano variare dalla buona salute di un familiare, al successo dell’esame di ammissione in un’università, alla scoperta dell’amore, ma in media rimanendo sempre desideri semplici e molto vicini all’individuo.

    Le dimensioni degli ema sono fisse; i disegni invece variano da santuario a santuario, spesso anche raffigurando l’animale simbolo dell’anno secondo lo zodiaco cinese.

    Omikuji, i biglietti della fortuna

    Vicino agli ema troviamo forse una delle cose che suscita più curiosità: la zona dove si annodano gli omikuji.
    Sono dei bigliettini che “prevedono la fortuna”, pescati casualmente in seguito ad una piccola offerta.
    La maggior parte dei giapponesi per tradizione estrae l’omikuji durante la visita al santuario di inizio anno.

    Ma perchè gli omikuji vengono annodati?

    Per vari motivi, non c’è una regola precisa.

    • Prima di tutto solo per il gusto del divertimento di estrarlo, leggerlo, paragonarlo con le persone con cui si accompagna per poi infine annodarlo.
    • Quando l’omikuji ha un risultato negativo lo si annoda per far si che la “sfortuna” rimanga nel santuario senza venire con noi al ritorno.
    • Annodarlo ad un albero, a prescindere dal risultato, simbolicamente lo connette alla sua energia naturale e permette così di renderlo più effettivo (non sempre si può, infatti di norma ci sono dei pannelli adibiti allo scopo).

    I vari livelli di fortuna degli omikuji

    Nonostante sempre più santuari offrano la traduzione in inglese degli omikuji, può facilmente capitare di andare in un santuario secondario, estrarne uno e trovarselo tutto in giapponese.
    Questo è l’elenco dei livello di fortuna:

    • 大吉 – Daikichi – Moltissima fortuna
    • 吉 – Kichi – Buona Fortuna
    • 中吉 – Chūkichi – Media Fortuna
    • 小吉 – Shōkichi – Poca Fortuna
    • 末吉 – Suekichi – Nessuna Fortuna
    • 凶 – Kyō – Sfortuna

    Honden, la struttura principale

    honden naruko tenjin

    Tutti gli elementi del santuario shintoista sono secondi all’honden, il luogo dove risiede ed è ospitata la divinità custodita.

    E’ di norma chiuso al pubblico, che può accedervi solo fino all’ingresso rimanendo all’esterno.
    Qui è dove visitatori si raccolgono per fare una piccola offerta ed effettuare il rito della preghiera.

    Saisen-bako, il box delle offerte

    Di fronte all’honden in dimensioni molto grandi, ma anche nei santuari secondari e persino di fronte ad elementi naturali importanti o statue, ecco la saisen-bako.
    Qui è dove si inseriscono le offerte alla divinità e quindi al santuario, prima di raccogliersi in preghiera.

    Come fare il rito della preghiera giapponese

    Dopo aver inserito delle monete nel saisen-bako, senza lanciarle e preferibilmente almeno una da 5 yen, è il momento del rito della preghiera.
    Non è difficile, ma essendoci un ordine preciso persino i giapponesi finiscono per confondersi.

    preso da houyugroup
    1. Di fronte al saisen-bako si esegue un inchino leggero.
    2. Si inseriscono le monete con delicatezza.
    3. Se è presente si suona la campana.
    4. Si effettuano 2 inchini molto profondi.
    5. A schiena eretta si giungono le mani, con la destra un po’ più in basso, e si battono per 2 volte.
    6. Ci si raccoglie in preghiera, che di solito è una richiesta alla divinità.
    7. Si effettua un ultimo inchino e si lascia la zona.

    Conclusioni

    Il santuario shintoista giapponese è un oasi meravigliosa. In questo articolo ve ne ho elencato solamente gli elementi principali.
    Oltre ad altri approfondimenti e piccole curiosità comuni per tutti i santuari che non ho toccato, ogni luogo ha inoltre le sue unicità, le sue statue, le sue piante.

    Categoria:

    Tags: