A Tokyo la pietanza caratteristica del Sumo è un viaggio ricco di sapore (e calorie) nella tradizione del Sol Levante

I lottatori di sumo non sono certo famosi per la loro asciutta silhouette. Per mantenere il loro fisico oversize, i rikishi (力士, così vengono chiamati i praticanti di questa disciplina) assumono infatti oltre 20.000 calorie al giorno, circa 10 volte il fabbisogno giornaliero di un maschio adulto. L’adipe che contraddistingue questi atleti (mediamente i rikishi pesano tra i 180 e i 270 kg), è il frutto di questo eccessivo regime alimentare che in buona parte viene tuttavia convertito in energia per le estenuanti sessioni di allenamento al quale i rikishi si sottopongono per costruire una robusta struttura muscolare, indispensabile nel combattimento corpo a corpo. Una dieta ipercalorica, con alla base il Chankonabe, pensata dunque per mantenere un elevato peso corporeo e una riserva di forza che possa aiutarli ad imporsi all’interno del dohyō (土俵), il ring circolare dove questi corpulenti mastodonti si affrontano facendo valere la loro tecnica ma soprattutto la loro stazza.

due lottatori di sumo in combattimento
Rikishi si fronteggiano al Grand sumo tournament di Tokyo

Il segreto della loro peculiare alimentazione è il chankonabe (ちゃんこ鍋), un piatto onnipresente nei menu delle heya (部屋, le tradizionali palestre di allenamento dei rikishi, termine che in altri ambiti significa stanza) di tutto il Giappone. Etimologicamente la pietanza deriva da “Chan” (ちゃん, il termine che in giapponese definisce la dieta dei lottatori di sumo) e da “nabemono” (鍋物, o più semplicemente nabe 鍋), vocabolo che indica invece una pietanza tipica della convivialità giapponese costituita sostanzialmente da un calderone di brodo di pesce (dashi, 出汁) posto al centro del tavolo, nel quale i commensali immergono i più svariati ingredienti (frutti di mare, carne pesce verdure e altro). Il Chankoban è invece il lottatore che viene incaricato e istruito dai colleghi più esperti al fine di preparare il pasto per tutti nella heya.

E’ anche per motivi di praticità che il Chankonabe è diventata la pietanza d’elezione dei rikishi. Nutrire una schiera di lottatori affamati non è infatti impresa semplice e spesso la soluzione più pratica e anche quella più remunerativa in termini calorici, consiste nel lasciar bollire diversi ingredienti all’interno di un calderone di brodo.
Questo ricco stufato è decisamente più corposo rispetto al nabemono.
Al brodo di pesce insaporito con mirin o sake, vengono infatti aggiunti – a seconda della disponibilità nella dispensa della palestra – pezzi di pollo (con tutta la pelle, ci mancherebbe), pesce (sovente fritto e a palline), tranci di manzo, tofu e verdure varie (funghi, daikon, cavolo cinese etc.).
Il tutto viene generalmente accompagnato da riso e birra, carboidrati e alcool a gogo per sugellare il pieno proteico. Nonostante la ricchezza in termini calorici, se consumato con moderazione il chankonabe risulta essere un piatto decisamente salutare grazie agli apporti nutritivi forniti dalla variazione d’ingredienti.

chankonabe
Una ciotola di chankonabe in tutto il suo ricco splendore

Tradizione vuole che durante i tornei il brodo di pesce venga sostituito da quello di pollo, perché questo pennuto resta sempre su due zampe. Un simbolico richiamo al lottatore che deve restare saldo sulle sue gambe se vuole evitare di essere atterrato e dunque finire in terra a quattro zampe, nelle regole del sumo tale evenienza è infatti sinonimo di sconfitta insieme all’uscita, o meglio alla spinta fuori dal perimetro circolare del dohyō da parte dell’avversario.
A Tokyo l’area di Ryōgoku (両国), nel distretto di Sumida (墨田区), è quella dov’è possibile trovare i migliori ristoranti per un banchetto a base di chankonabe. La zona è famosa per essere il cuore pulsante del sumo giapponese. Qui si trova infatti il Ryōgoku Kokugikan (両国国技館), l’imponente edificio circolare nel quale a cadenza annuale nei mesi di gennaio, maggio e settembre, si svolgono tre delle più importanti tappe dell’honbasho (本場所, il campionato professionistico di sumo). Proprio intorno a questo palazzetto dedicato allo sport nazionale nipponico è possibile trovare le heya più rinomate della capitale e naturalmente anche le più frequentate trattorie – spesso gestite da rikishi in pensione -, che servono il migliore chankonabe di Tokyo.

ristorante chankonabe da fuori
L’ingresso di un tipico ristorante di chankonabe

Tra i ristoranti più rinomati per questa pietanza c’è il Chanko Tomoegata (巴潟, 2 Chome-17-6 Ryogoku, Sumida City, Tokyo 130-0026, Giappone), che si trova a 450 metri dal Ryōgoku Kokugikan e a due passi dalla stazione di Ryogoku (fermata della Chuo-Sobu line). In questo accogliente ristoro c’è la possibilità di mangiare anche altri deliziosi piatti a prezzi contenuti in una forbice che varia dai 1000 ai 2000 yen per il menu del pranzo (una scodellona di chankonabe con contorno costa intorno agli 860 yen, circa 7 euro). A cena si spende leggermente di più (intorno ai 5000/6000 yen per un menu completo) ma il costo è compensato da interessanti variazioni sul tema.

sakè con etichetta lottatore di sumo
Nihonshu con lottatori di sumo sull’etichetta

Poco distante da Chanko Tomoegata c’è Chanko Kirishima (ちゃんこ 霧島, 2 Chome-13-7 Ryogoku, Sumida City, Tokyo 130-0026, Giappone). Anche qui il piatto forte della casa è naturalmente il Chankonabe. La facciata di questo ristorante presenta una foto a grandezza naturale di Kirishima Kazuhiro, rikishi che tra il 1990 e il 1992 raggiunse i vertici del sumo professionistico. Il locale è stato lanciato da questo celebre lottatore (l’insegna porta del resto anche il suo nome) e fino a qualche anno fa era possibile vederlo girare tra i tavoli, impegnato in piacevole conversazione con i clienti. Le ricche porzioni dagli ingredienti freschissimi possono regalare emozioni indimenticabili per il palato a prezzi contenuti, a patto di non farsi oltremodo sedurre dall’ampia scelta di nihonshu (日本酒). I mellufli lussi della cantina hanno sovente amare ripercussioni sul portafogli ma i lottatori di sumo, immortalati in pose plastiche sulle bottiglie, potrebbero facilmente indurre in tentazione… Le divinità del sake vi perdoneranno!